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Piero Buscaroli

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Non potevo non annunciare l'uscita di questo libro per diverse ragioni: la prima è che mi piacciono le sinfonie, specialmente dopo Sanremo. La seconda è che, ad una certa età, la sinfonia ti accompagna verso l'uscita di un mondo che scopri, giorno dopo giorno, non solo di non capirlo più, ma ti diventa addirittura straniero. Questo è un libro su un musicista che ha scritto sinfonie, questa è la nona ed è dedicata, niente di meno che "a Dio". Vi pare poco? Ultima, ma non minore ragione, è il fatto che questo libro è stato scritto da uno scrittore che è stato oltre che un eccellente musicofilo, anche un giornalista che ho apprezzato molto in gioventù. Non ebbe fortuna come giornalista, ed è comprensibile. Una persona come Piero Buscaroli, non poteva "capire" la politica, almeno quella che si fa dalle nostre parti. Ascoltate le sinfonie di Bruckner e leggete quello che scrive Piero Buscaroli e capirete quello che ho detto.

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Ma cos'è una sinfonia? Una sinfonia è una composizione musicale di ampie dimensioni scritta per un'orchestra. È una delle forme musicali più importanti e influenti nella tradizione occidentale. In generale, una sinfonia è strutturata in più movimenti, che sono sezioni distinte all'interno dell'opera. I movimenti sono solitamente da tre a quattro, anche se in alcuni casi possono essercene di più o di meno. Ogni movimento ha una sua struttura musicale e un suo carattere distintivo.

Il primo movimento di una sinfonia è spesso il più lungo e solitamente ha una forma sonata. Questa forma si basa su un contrasto tra due temi principali, uno esposto all'inizio e l'altro sviluppato e trasformato nel corso del movimento. Il primo movimento può essere intenso, drammatico o maestoso, e spesso stabilisce il tono generale dell'opera.

Il secondo movimento di una sinfonia è solitamente più lento e intimo. Può essere un'aria, un adagio o un largo, e spesso esplora melodie liriche e linee melodiche più dolci ed espressive. Questo movimento offre un contrasto emotivo rispetto al primo movimento e permette all'ascoltatore di immergersi in un'atmosfera più riflessiva.

Il terzo movimento di una sinfonia solitamente è di carattere più vivace. Può essere un minuetto, un scherzo o una danza, a volte con un carattere giocoso o scherzoso. Questo movimento offre un momento di leggerezza e di ritmo più spigliato rispetto ai movimenti precedenti.

Il quarto movimento, se presente, è spesso il più dinamico e grandioso. Può essere un finale allegro, un'apoteosi o una fuga, che porta l'opera a una conclusione trionfale. Questo movimento può riunire temi e motivi dei movimenti precedenti, creando un senso di coesione e completamento dell'opera.

Le sinfonie sono state composte da molti grandi compositori nel corso dei secoli. Queste opere orchestrali sono state una forma di espressione musicale estremamente influente e hanno contribuito a definire e sviluppare la musica classica occidentale. Una sinfonia è una composizione musicale per orchestra che si sviluppa in più movimenti, ciascuno con la sua struttura e carattere distintivi. Le sinfonie offrono un'esperienza musicale ricca ed emotivamente coinvolgente che ha affascinato e ispirato gli ascoltatori per secoli..

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Una delle composizioni sinfoniche più potenti e spirituali mai scritte: la Nona Sinfonia di Anton Bruckner. Quest'opera epica è stata dedicata a Dio dal compositore stesso, sottolineando l'enorme significato religioso e la profondità emotiva che permeano questa sinfonia.

Anton Bruckner, un celebre compositore austriaco, era noto per la sua devozione religiosa e il suo profondo legame con la musica sacra. La sua Nona Sinfonia, composta tra il 1887 e il 1896, è stata l'ultimo lavoro completato da Bruckner prima della sua morte.

Ciò che rende la Nona Sinfonia così speciale è l'intensità emotiva che l'opera trasmette. Bruckner era consapevole della sua morte imminente mentre lavorava su questa sinfonia, e si dice che abbia concepito l'opera come una sorta di preghiera musicale, un'ode al divino. Le sue profonde convinzioni religiose sono evidenti nei momenti di grande solennità e misticismo che caratterizzano l'intera sinfonia.

La Nona Sinfonia di Bruckner è composta da quattro movimenti, ognuno dei quali presenta una gamma di emozioni e sentimenti che spaziano dalla grandiosità all'introspezione. Il primo movimento, con la sua maestosità e la sua costruzione drammatica, ci trasporta in un viaggio epico attraverso paesaggi sonori imponenti. Il secondo movimento, più intimo e riflessivo, ci invita a contemplare l'essenza della spiritualità. Il terzo movimento, con la sua vivacità e la sua energia, ci riporta alla vita terrena, mentre il quarto movimento, incompiuto, si dissolve in un finale misterioso e contemplativo.

È interessante notare che la Nona Sinfonia di Bruckner rimane incompiuta. Alcuni studiosi suggeriscono che Bruckner abbia intenzionalmente lasciato il finale incompiuto come un atto di umiltà nei confronti di Dio, riconoscendo la propria finitezza e la grandezza dell'infinito divino. Questo finale aperto aggiunge un ulteriore strato di mistero e spiritualità all'opera.

La Nona Sinfonia di Bruckner è un'esperienza musicale che va al di là delle parole. È una sinfonia che richiede ascoltatori pronti a immergersi nell'abisso delle emozioni umane e delle profondità spirituali. È un tributo musicale a Dio, una testimonianza della grandezza dell'universo e della nostra connessione con il divino.

Quindi, se non l'avete ancora fatto, vi invito ad ascoltare la Nona Sinfonia di Bruckner. Chiudete gli occhi, lasciatevi trasportare dalle sue melodie potenti e immergetevi in un mondo di emozioni e spiritualità. Spero che possiate trovare pace, ispirazione e una connessione profonda con la musica e con l'infinito divino.

Che la Nona Sinfonia di Bruckner possa continuare a toccare le corde più profonde delle nostre anime e a rimanere un tributo eterno alla potenza della musica e alla nostra ricerca di significato.
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AntonioGallo | Feb 13, 2024 |
Piero Buscaroli fu uno di quegli giornalisti scrittori che avevano il dono dell'affresco, la capacità della sintesi, della erudizione non pedestre, diluita nel procedere, ora lento ora serrato, della narrazione. Un "dilettante" con giudizi mai superficiali o affrettati, con analisi lucide e precise. La sua cultura era robusta, vera, costruita col lavoro di una mente geniale che gli permetteva salti e capricci di scrittura che per altri sarebbe stato solo naufragio. Storia antica o moderna, pittura o musica, fatti o misfatti, tutto viene sapientemente registrato in questi saggi, ogni cosa esposta con misura ed attenzione, ma anche con malcelata "nonchalance".

Le citazioni non mostrano mai sbavature, sono tappe obbligate di uno stile che quando meno te lo aspetti, ingrana la marcia verso il racconto o la lunga annotazione. Sessanta saggi in questo libro che ho conservato per tanto tempo e che non avevo avuto il tempo di leggere in tutti questi anni se non dopo la sua scomparsa.

Il filo conduttore è il tempo, il suo sentimento legato strettamente ai luoghi. Egli scrive: " Non vì è tempo che abbia un senso, privo del luogo, sia pure un essere vivente, su cui incidere i segni. Ma non vi è luogo che abbia valore per noi, senza i segni che il tempo vi ha inciso". Saggi che sono sessanta assolo che formano una sinfonia, dove il dolce si stempera con la malinconia, l'ira acquista vigore nell'invettiva, il rimpianto indosaa i tiepidi colori autunnali, mentre l'allegria cede il passo al ricordo soffuso.

Ogni qualvolta ritorno a Bologna, la sua città, e passo davanti ad una officina che porta il suo nome, ricordo di quando io, giovane appassionato lettore dei suoi articoli di politica su quotidiani e settimanali, vidi il suo volto ossuto a Napoli nella redazione del giornale che dirigeva. Non riesco a conciliare quella sua passione politica, puro nazionalismo patriottico, con quella per la musica. E penso a quel suo monumento di libro che ha scritto su Beethoven. Misteri di un genio, misteri della scrittura di cui però lui non fu mai prigioniero.
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
Questa recensione fu scritta in data 1 giugno 2010 https://goo.gl/KvyKPA

La Liberazione dei Vinti.

Tra qualche giorno si celebra una data che la storiografia ufficiale della Repubblica Italiana si ostina a festeggiare come il "Giorno della Liberazione". Giorno rigorosamente rosso sul calendario, rosso non solo perché è festivo, ma anche perché ricorda il colore della metafora politica che ormai è quasi scomparsa. Questa ideologia si ostina a vivere eroicamente da qualche parte del mondo oppure soltanto nella testa di chi nella stessa testa ha gli occhi rivolti all'indietro, verso il passato.

Intendiamoci: non è mia intenzione svilire, sminuire oppure offendere chi ha creduto o crede ancora in quei valori che quella data vuole celebrare. Desidero soltanto affermare l’idea che, a distanza di oltre mezzo secolo, appare abbastanza difficile spiegare a chi oggi ha 18 anni cosa accadde in quegli anni terribili che prelusero poi alla “Liberazione”. Provate a fare comprendere ad un ragazzo o una ragazza con alle orecchie un auricolare dell’Ipod, oppure con netbook nella cartella, cosa accadde in Europa ed in Italia in quei giorni, perchè avvenne e come evolsero quelle vicende. Farete non poca fatica, non dico a dire la verità, ma almeno ad avvicinarsi ad essa.

I “vincitori” continuano a cantare “vittoria” e ovviamente dei “vinti” nessuna traccia. Tutti scomparsi, ignorati nei vuoti della memoria oppure affossati e ridotti ormai in cenere dalla sabbia del tempo. “Vincitori” che hanno tutta l’intenzione di continuare a marciare sventolando vessilli di rosso fuoco, soltanto attenuati dagli altri colori dell’arcobaleno. Decisi e convinti marciano verso un’altra fatidica data che di qui a qualche giorno, gli stessi si appresteranno a festeggiare, sempre sventolando le medesime bandiere: la festa del 1° maggio. Altra occasione questa quanto mai difficile da far capire a chi da questi simboli datati dal tempo è distante per età e per storia.

Ma tant’è: la retorica è un’arte e come tale necessita una continua e costante azione di riverniciatura, pena lo sbiaditura del colore, il raffreddamento del calore e colore del sangue e dei bollori della rivoluzione. E, sopratutto, la decantazione delle idee. La verità deve essere necessariamente quella dei vincitori. Dei vinti non deve restare nessuna traccia o memoria. Guai a stare dalla parte di costoro. I vinti non hanno diritto ad esistere, devono essere negati alla parola, al ricordo, alla storia. Vanno cancellati dalla faccia del tempo. E’ ciò che si propone di obiettare questo libro che intendo presentare per questa occasione. Il libro di uno scrittore che ho molto amato e letto su tutte le riviste ed i giornali sui quali ha scritto. Io, meridionale, lui romagnolo. Un grande giornalista, un fine musicologo, un bolognese purosangue che non ha paura di dire e scrivere ciò che pensa e di pensarlo e dirlo come soltanto uno scrittore di razza sa fare. Ecco la presentazione dell’editore:

“Nonostante sia trascorso più di mezzo secolo dal crollo del fascismo e dalla fine del secondo conflitto mondiale, siamo davvero convinti di sapere come andarono effettivamente le cose? Il tanto discusso dopoguerra italiano può considerarsi concluso? Piero Buscaroli, critico musicale, scrittore e giornalista non ne è affatto convinto e ha deciso di aprire la sua valigia di carte, documenti inediti e ricordi troppo a lungo taciuti per raccontarci il suo Novecento.

Adolescente romagnolo con la passione per il pianoforte, assiste con stupore a fianco del padre Côrso, insigne latinista, al naufragio “non casuale” del 1943-45, che precipitò l’Italia in una spirale di guerra e violenze. L’interpretazione di eventi come la “congiura” del 25 luglio contro Mussolini, la dissoluzione militare e civile dell’8 settembre, l’occupazione tedesca e i “crimini dei vincitori” ci restituisce l’immagine di un Buscaroli “schierato a vita”, cittadino coatto di una “ex nazione”.

Le sue “passeggiate fuori dalle solite strade della storiografia dominante” lo portano poi a visitare luoghi simbolo del Novecento come il Giappone e la Germania del dopoguerra, il Vietnam del 1966, la Praga del 1968, senza rinunciare agli incontri, che si susseguono in questi anni, con personaggi altrettanto significativi, da Ezra Pound a Dino Grandi, dall’ambasciatore giapponese Hidaka - l’ultima persona che ebbe un colloquio con Mussolini prima dell’arresto ordinato dal re - al dittatore portoghese Salazar. Come in una rapsodia a lungo studiata, gli argomenti e gli spunti polemici “disperatamente difformi ” disegnano i confini via via più precisi di una tragedia insieme personale e collettiva, che ha segnato nel profondo la coscienza contemporanea. Per Buscaroli, il revisionismo delle verità osteggiate e sepolte dal pregiudizio ideologico si è fatto imperativo morale, mentre lo spirito di contraddizione da cui si sente mosso diventa strumento essenziale di libertà.

In una felice mescolanza di cronaca giornalistica e documento storico, Dalla parte dei vinti riesce a unire alla scrupolosa e talvolta inedita ricostruzione di fatti decisivi dell’ultimo cinquantennio il ritmo appassionato e mai pretestuoso del feroce pamphlet politico. Che farà discutere.”

E come non può non far discutere uno scrittore del genere che sostiene idee di questo tipo? Se vi può far capire chi sia Piero Buscaroli, dirò che costui, quando Gianfranco Fini fece la “grande capriola storica” gli scrisse: “Sei proprio un maiale, e Via della Scrofa è il tuo indirizzo appropriato… Ti maledico in nome dei Morti e dei Vivi.” Piero Buscaroli, un ragazzino nella Repubblica Sociale. Quando padre e figlio si giocano il futuro…
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |

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