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Obres de O. V. de L. Milosz

Miguel Manara (1998) 8 exemplars
Miguel de Mañara 2 exemplars
Symphonies (French Edition) (2014) 1 exemplars

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A Book of Luminous Things: An International Anthology of Poetry (1996) — Col·laborador — 831 exemplars
World Poetry: An Anthology of Verse from Antiquity to Our Time (1998) — Col·laborador — 447 exemplars
The Year's Best Fantasy and Horror: Seventh Annual Collection (1994) — Col·laborador — 255 exemplars

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Miguel Manara, aristocratico spagnolo vissuto in Siviglia a metà del ‘600, ebbe una gioventù violenta, arrogante e collerica. Poi sposò Girolama, una ricca e pia aristocratica anch’essa sivigliana. La moglie muore quasi subito; Miguel Manara si dedica quindi a una vita monastica compiendo un incredibile numero di opere di bene. Tanto che muore in odore di santità, lui che in gioventù fu un temutissimo violento, praticamente un delinquente, e un dongiovanni impenitente.
Sulla vicenda di questo Miguel Manara lo scrittore lituano, trasferitosi e convertitosi in Francia, Oscar Milosz scrisse nel 1912 un breve testo teatrale. Misconosciuto, ma estremamente denso di contenuto. È un testo davvero breve, che senza conoscere la storia reale di questo Miguel Manara rimane però abbastanza criptico. Da un punto di vista puramente narrativo francamente niente di ché.
Questo libro è la rilettura del testo teatrale commentata ampiamente da Nembrini.
E qui io comincio ad aver problemi a recensire questo libro.
Oggettivamente il testo breve offre comunque una incredibile quantità di spunti di riflessione, è un paradigma delle vicende umane di fronte alla fatica del vivere, al dramma umano di ciascuno. Personalmente ritengo però che il commento spesso è troppo ripetitivo e “tirato per i capelli” nel dimostrare le tesi di Nembrini, a volte pure un po’ stucchevole e prolisso. Detto questo punto negativo, a mio parere abbastanza tipico dei testi a tema religioso, va detto che questa analisi appassionata è comunque davvero coinvolgente; totalizzante direi.
La difficoltà mia è spiegare la bellezza della appassionata lettura che ne fa e ne dà Nembrini. Per introdurre i singoli quadri, sei in totale, che compongono questa opera l’autore collega autori e testi a lui cari, per spiegare come le vicende di questo Miguel siano il paradigma dell’uomo davanti al dramma umano del suo rapporto con Dio. E spiegando il testo ci fa vedere le relazioni fra le vicende narrate e la vita degli uomini mediante le opere di grandi artisti della parola.
Ci spiega Leopardi in maniera divina, ci spiega Dante come lui sa fare (sulla Divina Commedia ha tenuto lezioni trasmesse anche in televisione), ci fa apprezzare Buzzati, Greene, Montale, Eliot e Gibran; riesce a farci leggere nelle canzoni di Battisti e Celentano, e anche degli 883, la tensione degli uomini al bene, alla verità, alla felicità. Insomma pone l’uomo ad affrontare le sue domande esistenziali e a cercarne le risposte. E non puoi schivarle tanto facilmente.
Un testo difficile, ma che apre il cuore e la mente. Ci racconta fatti e testimonianze concrete a sostegno delle sue argomentazioni. Alcune considerazioni poi sono davvero illuminanti, sulla fede ad esempio (non sono io che sono fedele a Dio, è Lui che è fedele a me), sul dolore (non ci sono risposte da dare, c’è solo una compagnia da offrire) e su tanto altro. Perché l’uomo non può essere solo Usura-Lussuria-Potere.
“Il problema della vita non è essere più buoni, non è essere coerenti; il problema della vita è trovare qualcuno che ci perdoni, è affermare il rapporto con Gesù che ci perdona tutto il male, le nostre debolezze, i nostri tradimenti”
… (més)
 
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SirJo | Sep 4, 2017 |

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