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Questo libro si occupa di un male complessivo che va sotto il nome di Bibliomania. Questo blog nasce da questa misteriosa, ma poi non tanto, patologia che è la passione per i libri. Per uno come me che è nato e cresciuto in una tipografia tradizionale post gutenberghiana, leggere e scrivere sono sempre state una cosa sola. Non si scrive tanto per scrivere, ma per leggere. Così come non si mettono insieme le lettere e i caratteri tanto per fare qualcosa, bensì per dare vita alle parole, quindi alla scrittura, che a sua volta porta poi alla lettura. Un percorso antico, semplice e logico, tanto automatico che ormai non ce ne rendiamo più conto.

Bene, se la Bibliomania nasce da azioni consequenziali alla scrittura e lettura, ne consegue che sia scrivere che leggere possono fare del male. Tanto male da creare problemi di salute ed essere causa di malattie di vario genere. Queste malattie, però, possono essere curate da altri libri. Il cerchio così si chiude. Mania genera mania, a mali succedono altri mali. A libri succedono altri libri. Per ogni male un libro, per ogni libro un male. Sembrerebbe un inferno fatto di carta. Oggi anche di "bits & bytes". La Bibliomania come malattia complessiva, somma di infiniti altri mali dei quali gli uomini sono condannati a soffrire. Almeno quelli che sanno e si ostinano a scrivere e leggere. Dovrebbero essere esclusi gli analfabeti.

Ma se leggere provoca malanni, il male originario, la Bibliomania, con i suoi stessi guai può guarire lo stesso malato. Sembra un assurdo ed un incomprensibile paradosso, eppure è così. Scrivere è una malattia, la lettura altrettanto, i libri diffondono queste malattie, ma le possono anche curare. Il cerchio si apre e si chiude all'infinito. Tante malattie da curare con altrettanti libri. Non solo, ma anche paese che vai, libri e malattie che trovi. E' il caso di questo libro che è stato pensato e scritto da due scrittrici inglesi, Ella Berthoud e Susan Elderkin. Si sono incontrate da studentesse di letteratura all’Università di Cambridge, dove si prestavano romanzi a vicenda, quando avevano bisogno di tirarsi un pò su. Ella è poi diventata una pittrice e un’insegnante di arte, e Susan una scrittrice.

Insieme nel 2008 hanno fondato un servizio di biblioterapia (me ne sono occupato tempo fa in un post precedente) con la "School of Life di Londra", e da allora hanno continuato a prescrivere libri, di persona o virtualmente, a pazienti di tutto il mondo. Ovviamente le loro scelte terapeutiche, per così dire, sono rivolte ad un pubblico di lingua inglese. Ecco perchè, l'editore Sellerio ha affidato il compito di adattamento del libro a Fabio Stassi, guarda caso un bibliotecario italiano. Manco a dirlo ovviamente anche lui bibliomane di carriera. Nella presentazione all'edizione italiana ha provveduto ad inquadrare alla grande sia la patologia che le terapie alla realtà italiana. Devo dire che l'ha fatto in maniera sintetica e quanto mai efficace. Sentite, anzi, leggete, cosa ha scritto:

"Pian piano, nel tentativo di seguire i frammenti di questo discorso letterario sulla malattia, mi sono ritrovato tra le dita un filo comune che legava tutti i nostri scrittori più sensibili all'argomento. Quasi involontariamente, unendo, tare, fissazioni e difetti, si è disegnata da sé la mappa di un paese che soffre da secoli degli stessi mali e delle stesse idiosincrasie. La peste della burocrazia, il narcisismo, la deformità del potere, la falsificazione della Storia, l'indecente e complice ammirazione della furbizia, il culto e l'esibizione della virilità, l'ipnotico consenso a un capo, l'alfabeto del servilismo, lo specchio delle dicerie, la fede nella superstizione, l'attitudine a restare adolescenti, il senso di orfanezza, la meschineria infantile, l'ultima sigaretta sempre rimandata, lo strabico sdoppiamento della personalità, la paura di invecchiare, la tetra ossessione della lussuria. E' stato come rinnovare un breve ma riepilogativo nel cuore infermo della nazione ..."

Dall’abbandono alla xenofobia, i disturbi dell’esistenza da oggi possono essere curati con la somministrazione di opere narrative. Avete urtato un alluce? Niente paura, potete evitare il turpiloquio con "Ritratto dell’artista da giovane" di James Joyce, il malessere del lunedì mattina con "La signora Dalloway" di Virginia Woolf, l’umor nero con "L’antidoto della malinconia" di Piero Meldini e le crisi d’identità con Max Frisch, Diego Marani, Franz Kafka e Antonio Tabucchi. Ogni malanno ha la sua cura, così per l’impotenza occorre somministrare 234 pp. de "Il bell’Antonio", per la solitudine 960 pp. di Murakami e per i reumatismi 134 pp. di Italo Calvino. Che si tratti di malesseri dell’anima o del corpo, esistono ricette letterarie per ogni caso...

Si tratta di un’enciclopedia medico-letteraria, composta di articoli redatti con un linguaggio moderno e uno stile fresco. Un vero e proprio archivio di opere adatte a situazioni e malesseri clinici e sentimentali. La lettura di questo prontuario non solo può essere considerata un’occasione per scoprire titoli e autori che sono sfuggiti alla nostra attenzione, ma permette anche la comprensione dell’influsso benefico esercitato dalla narrativa, non come mero fattore soggettivo: la biblioterapia prescrive cure alternative che possono prevenire la dipendenza da farmaci. A dire il vero a me la sola narrativa non basta. Nella mia patologia ci sono anche altri generi di scrittura e lettura come ad esempio la saggistica e quei libri che nel mondo anglosassone vanno sotto l'etichetta di "how to". Con l'aggiunta aggravante che queste "malattie" in forma di scritture, quindi di libri, me li procuro non solo in lingua italiana, ma anche in altre lingue.

Fabio Stassi, alla conclusione della sua presentazione al libro scrive:

"Farsi contagiare dalla lettura, e andare da un libraio come si va dal farmacista, sarebbe un bel modo di decidere, finalmente di curarci".

Scrive così ma non si rende conto di quello che dice. Per tre buone e fondate ragioni. La prima: non dice che purtroppo se nasciamo lettori, siamo costretti a diventare scrittori, ci crediamo scrittori e finiamo bibliomani. La seconda è il fatto certo che più leggiamo, più ci ammaliamo, più abbiamo bisogno di cure e quindi di libri. La terza ragione, forse quella decisiva, è che il libro di "carta" non basta più. Abbiamo bisogno della "nuvola" digitale. E qui le cose diventano davvero imprevedibili. Al malanno universale del leggere digitale potrà mai esserci un rimedio? Io che scrivo per capire quello che penso, come farò a capire il male di cui soffro?
… (més)
 
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |

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