Imatge de l'autor

Max Stefani

Autor/a de Seppia: la mia vita con un cane

4 obres 16 Membres 1 crítiques

Sobre l'autor

Inclou el nom: Max Stèfani

Obres de Max Stefani

Etiquetat

Coneixement comú

Altres noms
Max Stèfani
Data de naixement
1951c.
Gènere
male
Nacionalitat
Italia
País (per posar en el mapa)
Italia

Membres

Ressenyes

Utilizzando come punto di partenza temi già presenti nell’autobiografico ‘Wild thing’, Stèfani cerca di rimettere ordine in tutto ciò che ha girato attorno al concetto di rock in Italia negli ultimi cinqe decenni. Di musicisti o dischi si parla solo in minima parte: l’attenzione è focalizzata su giornali, radio, televisioni, organizzazioni di concerti, case discografiche allo scopo di verificare come un certo tipo di musica ha (oppure non ha) interagito con la vita e il modo di pensare nel nostro Paese. La conclusione è che, ovviamente direi, “non ha”: il rock è di nicchia oggi come negli anni Sessanta, sconosciuto ai più e oggetto di venerazione per un gruppo ridotto di persone, addetti ai lavori e semplici appassionati molto legati all’argomento, ma anche con una certa tendenza a beccarsi come i capponi di Renzo. Sono divertenti i ricordi dei tempi eroici, in cui del genere si aveva un’idea molto poco chiara, mentre la cupa parentesi dei Settanta, con le opprimenti ideologie, è rischiarata dalla vitalità che esplode soprattutto nelle radio libere giungendo a contagiare, almeno per un certo periodo, pure la Rai prima che tutto venga fagocitato nell’emittenza commerciale. Malgrado gli scazzi, le fregature o i sogni morti all’alba, dal susseguirsi avventuroso di svariate esperienze traspare una voglia di fare e non appiattirsi sul piccolo tran-tran tricolore che avrebbe meritato miglior successo: purtroppo non è andata così, la ‘cultura rock’ – qualunque cosa sia – non è mai attecchita e quindi tocca raccontarcela tra di noi predicando ai convertiti. In ogni caso, il libro si legge con piacere, sorta di ininterrotto flusso di coscienza collettivo in cui la voce dell’autore, benché non faccia mistero di simpatie e antipatie, si fa udire quasi solo per collegare le numerosissime e trasversali testimonianze, con l’ovvia eccezione degli accenni al proprio ruolo in special modo riguardo alla vicenda ‘Mucchio selvaggio’. Alla sensibilità del lettore viene lasciato in gran parte stabilire quanto ci sia di vero e quanto invece venga romanzato o guardato con gli occhiali rosa della nostalgia, ma l’interesse rimane sempre vivo e le curiosità che fanno capolino di tanto in tanto sono davvero gustose. L’unico problema vero è l’editing: passi per gli errori ortografici, spesso in inglese, che sono quasi fisiologici in un volume pubblicato in proprio, ma disturbano non poco la ripètizione di concetti o intere situazioni a distanza di pochi paragrafi o magari di un paio di pagine.… (més)
 
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catcarlo | Apr 3, 2017 |

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