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Fritz Weber

Autor/a de Tappe della disfatta

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The Heptameron (1984) — Il·lustrador, algunes edicions843 exemplars
Wien 1938 (1988) — Scientific Contributor — 8 exemplars

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1915: l'Austria e l'Italia sono in guerra. Il fronte su cui si combatte è lungo 450 chilometri, un arco dall'Ortles all'Adriatico. Per guarnire questo saliente meridionale non è stato fatto molto, gli sforzi austriaci essendo diretti all'est e nel settore balcanico. Ma negli ultimi tempi si è cercato di ripristinare le vecchie catene dei forti alpini, le esili linee di contenimento, rispolverando anche i piani che erano stati messi nel cassetto dagli stati maggiori contro le volontà di Conrad von Hotzendorff.
E la guerra, subdola, comincia in sordina: scontri di pattuglie, tiri d'artiglierie. La temuta, improvvisa offensiva italiana sull'arco alpino sembra non verificarsi: dalla Cima di Vezzena al Col di Lana, dalla Val di Sesto alle Tofane, la guerra mostra il volto che non avrebbe piu abbandonato, quello di un cupo e statico scontro fra i massicci montuosi, un conflitto di trincee, un panorama di colpi di mano, di scalate ardite, di mine sotterranee che brillano decapitando intere cime e seppellendone i difensori. Una guerra unica, per coraggio e ardimento alpinistico; non per nulla agli occhi del Weber i soli combattenti che si parano dinanzi agli austriaci sono gli alpini. Una lotta cruda, spoglia come le rocce battute dalla tormenta, dove gli stessi uomini si induriscono finendo per immedesimarsi, per fare tutt'uno, con la sostanza della montagna. Così, nelle pagine del Weber rivivono in primo piano episodi forse marginali, notazioni in calce che illuminano a tratti -come facevano le fotoelettriche di allora sciabolando sulle posizioni avversarie -i durissimi scontri e gli atti di valore dell'una e dell'altra parte.
Vista con occhi austriaci, questa guerra sulle Alpi finisce per dare un taglio inedito al quadro tradizionale che si è sempre voluto considerare sino ad ora, con pagine che suonano di singolare omaggio al valore alpino dei combattenti italiani in chi fu cronista e protagonista di quei giorni lontani.
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BiblioLorenzoLodi | Mar 7, 2017 |
La Grande Guerra raccontata dall'altra parte delle linee, quella dei nemici austriaci. A descrivere le carneficine degli attacchi in massa, il terrore dei bombardamenti e l'inferno della trincea è un tenente d'artiglieria che in quei lunghi mesi visse le fasi alterne del conflitto su tutti i settori del fronte italiano. Un'opera di grande valore storico che, nello stesso tempo, rispecchia gli effetti emotivi di un'esperienza sconvolgente, fatta di sudore e sangue, coraggio e rassegnazione. Dagli altopiani dell'Isonzo al Pasubio, da Caporetto all'ultima offensiva sul Piave del giugno 1918, la dimensione autobiografica si dilata per coinvolgere il destino di centinaia di migliaia di uomini. Tutti uguali nell'orrore, tutti vittime del fuoco che brucia le nazioni.… (més)
 
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BiblioLorenzoLodi | Hi ha 1 ressenya més | Mar 2, 2016 |
Incipit:
"E' un tiepido giorno di primavera, ma qui dentro, nella piccola cupola corazzata, fa fesso come in una cantina. Se stando la mano attraverso la feritoia, un alito d'aria calda l'accarezza. Di tanto in tanto un soffio a di vento spruzza di polvere i muri di cemento".

Inizia così in un forte solido e ben protetto del Trentino la testimonianza del tenente austriaco Fritz Weber, un combattente su quasi tutti i principali fronti della I guerra mondiale: il Trentino, l'Isonzo, l'Hermada, il Piave.
Il libro è anche un grande riconoscimento al valore e all'eroismo dei soldati italiani, descritti come "compagni" nella tragica vicenda di questa guerra sanguinosa. Sono nemici che condividono il freddo, la fame, le malattie e le crudeltà del combattimento. Non c'è odio o disprezzo per i nemici.
Il finale è quello della drammatica e confusa ritirata dal Piave verso l'Austria, attraverso il Friuli e la Slovenia. La guerra, iniziata in un bunker di un forte, diventa movimento frenetico, nel tentativo di sopravvivere alla fame, alla malattia e al fuoco nemico.
E' commovente il dialogo tra il tenente austriaco e il suo caporale Aschenbrenner, che, nel salutare il suo superiore per andare in licenza, gli comunica che non tornerà più. Un combattente, compagno di tante battaglie, più volte ferito, pluridecorato decide di disertare. Un segno che ormai la guerra è finita, per esaurimento fisico e morale.

" - Signor tenente - mormora quindi - glielo voglio dire: non torno più …
- Questo significa disertare, Aschenbrenner, - rispondo dopo un lungo silenzio. - Nella vostra qualità di vecchio soldato, saette che io dovrò segnalare il vostro caso e che vi aspetta il Tribunale di guerra.
Le sue guance si fanno di fuoco, gli occhi gli si inumidiscono, le mani tremano.
- Lo so, signor tenente, ma non ne posso più. Sei anni di questa vita: due di servizio di leva , quattro di guerra. Non ce la faccio più.
Anche questo mi aspettavo. Aschenbrenner, che nella vita civile è all'ultimo gradino della scala sociale, possiede un carattere di ferro. Se mai sono esistiti gli eroi è uno di essi".

Cosa c'è di più umano di questo riconoscimento di eroismo ad un disertore?

Se si vuole capire la frase di Diaz, nel Bollettino della vittoria su tantissimi monumenti: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza", è utile leggere i capitoli finali di questo libro. Risulta chiaramente cosa significa in disordine e senza speranza". Al contrario di Caporetto, una ritirata definitiva.

"L'ultimo atto del gigantesco dramma è incominciato. Una vera e propria fiumana uscita dall'inferno di fuoco attraverso cento camminamenti, sentieri, campi straripa sugli argini, si gonfia, sbocca impetuosa nelle strade: uomini, cannoni, automobili, cavalli, carri e di nuovo uomini, uomini, uomini. La terra brucia sotto i piedi, il terrore ottenebra il cervello, ognuno si sente nemico dell'alto."

Nella tragica ritirata si spezzano i legami tra i popoli che avevano combattuto insieme nell'esercito imperiale austro-ungarico: bosniaci, sloveni, cechi, polacchi, ungheresi rivendicano le loro nazionalità e l'impero si sgretola definitivamente, salvando, tuttavia, il proprio onore.
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ren47 | Hi ha 1 ressenya més | Feb 22, 2015 |

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